Che cosa accomuna i poeti di questo CD?
Una serie di convergenze estetiche che dagli ultimi tre decenni dell’Ottocento e fino alla lirica di Pierre Reverdy (Narbona, 1889 – Solesmes, 1960), Jacques Prévert (Neuilly-sur-Seine, 1900 – Omonville-la-Petite, 1977) e André Frénaud (Montceau-les-Mines, 1907 – Parigi, 1993), ha caratterizzato il simbolismo e le sue successive evoluzioni in Francia. È spesso una poetica relativa a paesaggi di campagna, costruita con esemplare semplicità in ritornelli e formule passati a volte anche nei proverbi o nei graffiti sui muri; oppure nelle canzoni interpretate da Yves Montand o da altri artisti. Il primo a farsi latore di quest’estetica aperta e a per certi versi ambigua è Paul Verlaine (Metz, 1884-1896), il quale si è fatto anche interprete del più giovane, ma più sfortunato, Jean-Arthur Rimbaud (Charleville, 1854 – Marsiglia, 1891).
È un’estetica dell’incompiutezza e del sermo humilis, che non vuole saperne dell’intensa passionalità di certi drammi romantici e nemmeno delle ambizioni smisurate di certa letteratura eroica. Sono sequenze d’immagini che potrebbero essere stampate nella carta che avvolge un cioccolatino, in Prévert, o a commento della scena di un quadro di campagna in Jean-Arthur Rimbaud e in Pierre Reverdy. Altre volte invece, in Verlaine e in Guillaume Apollinaire (Roma, 1880 – Parigi, 1918), c’è una dolcezza languida che può chiudersi in un orizzonte verbale, oppure la descrizione di scene di Carnevale o anche ricordi trasfigurati di viaggio.
Il rapporto col reale appare qui svincolato non solo dalle griglie concettuali attraverso le quali si esercita la conoscenza, ma anche dagli schemi formali che normalmente regolano il discorso poetico. Tuttavia la presenza di analogie e di un’oggettualità divertita consente ai simbolisti di rimanere saldamente all’interno di un sistema immaginativo che implica certezza inamovibile della res (diversamente dalla rivoluzione semantica che opererà il surrealismo), ma allo stesso tempo, a livello profondo, estranea i dati fattuali grazie all’uso della metafora e di una sintassi disarticolata.
Andrea Vannicelli

Roberto Braglia Orlandini, ossia quando la musica liturgica sa andare oltre… di Alex Romanelli

Vi segnalo la fresca uscita di questo bel compact disc della Tactus, dove sono contenuti tre lavori di musica sacra contemporanea dalla apparente specifica destinazione liturgica: Missa “Et loquar ad cor ejus”, “Salve Regina” e “Beatus vir”. Roberto Braglia Orlandini (classe 1960) che ne è l’autore, è uno dei compositori italiani votati alla “resistenza” come ben suggerisce Marco Beghelli nelle esaustive note di copertina. Resistenza da cosa vi chiederete? “Resistere all’attuale barbarie musicale della moderna liturgia non significa essere infatti dei passatisti. Lo stile esibito in queste composizioni non ha nulla di antico, ma è pienamente in linea con certa estetica novecentesca che in campo liturgico ha visto in prima linea compositori quali Domenico Bartolucci o Pellegrino Santucci: un compromesso fra nuove istanze musicali, sempre trattenute entro i limiti di una sana eufonia, e l’antica tradizione.”Si notano ed apprezzano espliciti riferimenti tanto al canto gregoriano, quanto a (passando per la rossiniana Petit Messe Solennelle) Stravinskij, Fauré, Ravel, Debussy, Carl Orff. Musica tutta da gustare, secondo me , anche a prescindere dalla sua rigida finalità liturgica. Detto in soldoni: i pezzi che compongono questo cd starebbero perfettamente in piedi anche in un’appropriata sede concertistica. Orlandini per vivere non fa però solo il compositore ma l’edicolante in provincia di Mantova. Un segno dei tempi che ci riporta alla nuda e cruda realtà di quanto oggi, in tempi di crisi nera o di basso Impero, se preferite, occorra essere coraggiosi per scrivere ed occuparsi di musica. Godibili i brani, grazie anche ad eccellenti interpreti che sanno rileggerli con perfetta aderenza alle volontà dell’autore stesso, qui anche in veste di direttore: dal disciplinatissimo coro Femminile da camera “Francis Poulenc” al sopranista Angelo Manzotti (raffinato interprete di fama mondiale), al giovane pianista di sicuro talento, Matteo Cavicchini. Da non perdere.

 

Recensione di  Andrea Talmelli

Sul piano musicale mi pare di essere aperto a 360 gradi e quindi di comprendere il modo di scrivere di Braglia Orlandini. A volte mi ricorda alcuni studenti polacchiche venivano a lezione da me in Erasmus per cercare novità alla loro scrittura imbevuta ditradizione cattolica e figlia di Penderecki e Lutoslavski. Lontana dalle problematiche delle avanguardie ma solida di buon artigianato anche se lì era un po’ sofferente mentre in Braglia non scorgo tentennamenti e problematiche. Scrive con proprietà e garbo, padronanza della lingua e della storia, un modo personale, uniforme, coerente. In alcune parti come il Gloria e l’Agnus è anche inaspettatamente lanciato su binari di novità. Mi piacerebbe conoscerlo. Non ho consiglia da dare, meglio essere convinti della propria lingua che schizzare nell’universo del nuovo a tutti i costi. Complimenti ancora a te e a Braglia. Forza. Scrivere musica è bello!”         (di Andrea Talmelli, tra le varie cose anche ex direttore dell’Istituto Musicale Peri di Reggio Emilia)

Altre recensioni

Magnificat – di Roberto Braglia Orlandini

 

Recently I got a mail from Paola Battoni, a chorister of Coro femminile da Camera Francis Poulenc, a ladies choir. She informed me that her conductor, Mr Roberto Braglia Orlandini is also a composer and he has composed a moving stabat Mater they have performed several times. She wrote to me: Here are the information you have required about Roberto Braglia Orlandini’s Stabat Mater. It was composed in April 2014 after a long period of meditation.. It’s a composition for ladies choir, soprano solo and piano. The inspiring idea was that of giving the composition a timeless mark, a kind of spiritual alter ego not merely or simply religious, but a sort of spirituality much closer to man than to God. The lyrics are of course the original ones by Jacopone da Todi. The main idea which has motivated the composition also tends to convey and express the grief of a FATHER, as the composer is actually a father, and to a lesser degree it wants to be a way to come to terms with the senseless death through music. Grief stops life…we see that everyday in our personal experiences as well as in the experiences of anybody else around us. Life is frantic. When a tragic event happens and touches us we feel mental and physical pain, we feel powerless….it occurs to wonder whether this continuous and ceaseless running after things or people really helps us to consider and penetrate the mystery of existence….So, Stabat Mater dolorosa…is a way to stay inside grief and to live it and to share it while singing.. Unfortunately we don’t have a CD. Our women’s choir has performed this Stabat Mater several times. You can watch and listen to videos on Youtube or on our facebook page (Corale femminile da camera Francis Poulenc). Here is the link of one our most recent performances, held last April during the Eastertide season in the Basilica Palatina of Santa Barbara in Mantova in a concert dedicated to the passion of Christ called “Martyrium”